San Severino Lucano

Abitanti: 2.224 Superficie: Kmq 61.14 Altitudine: m.s.l.m. 877 (min/max 429/1616) Distanza dal capoluogo di provincia: Km 150 (PZ) Distanza dal mare: Km 72 Policoro/Nova Siri CAP: 85030 Prefisso: 0973
San Severino Lucano

Tra i più pittoreschi paesi della provincia potentina ed anche della regione, San Severino Lucano è un paese di recente fondazione, sorto agli albori dell’età moderna, secondo l’opinione comune dei più autorevoli storiografi lucani quali il Racioppi e il barone Antonini. Il primo nucleo urbano risale alla fine del XV secolo (1495) quando Bernardino Sanseverino, VII Conte di Chiaromonte, donò all’Abbazia cistercense di S. Maria del Sagittario le terre che fanno parte dell’agro dell’attuale San Severino.

I Cistercensi vi edificarono case rurali per i coloni; a questo primo villaggio, a perenne ricordo delle donazioni avute in tutti i tempi dalla casa Sanseverino e a loro consacrazione, diedero il nome di San Severino. Ricordiamo che l’Abbazia era stata fondata nel 1152. Quindi S. Severino rappresenta l’esempio tangibile della colonizzazione agricola promossa dall’Abbazia del Sagittario su terreni appartenenti alla potente famiglia dei Sanseverino, principi di Bisignano.

La sua origine è quindi legata alla politica economica e produttiva seguita dall’Ordine religioso dei Cistercensi che, con l’avallo dei Principi Sanseverino, portarono all’insediamento di coloni nella zona vicina all’Abbazia del Sagittario, per la produzione di cereali.

I Cistercensi sono stati benemeriti per la vita religiosa, economica e sociale. Le loro mani profumate d’incenso e arabescate d’inchiostro non disdegnarono di adoperare la vanga per bonificare e dissodare la terra. Questa attività fu intensa fino alla soppressione di detta Abbazia nel 1807 quando le terre furono incamerate dal Demanio.

Nel 1810 il paese in oggetto prese la denominazione di San Severino Lucano per differenziarsi da altri comuni omonimi. Non è da escludere la cofondazione di San Severino per il fatto che ai primi suoi abitanti – i coloni dei monaci del Sagittario – si unirono e si aggiunsero degli esuli di Castelsaraceno – perseguitati in quel centro dai baroni – fuggiti in questa terra come in un asilo. Riferisce il Racioppi che lo stemma del paese è rappresentato da “un faggio su di un monte”, ma pare che attualmente sia rappresentato da un cane a guardia di un palazzo merlato. Paesi col nome di San Severino se ne possono contare tre in Italia: San Severino Rota (oggi Mercato San Severino in provincia di Salerno), San Severino di Centola (anch’esso in provincia di Salerno), San Severino Marche (in provincia di Macerata).

Nel 1862 il censimento registrava l’esistenza di 3.497 abitanti su un territorio vasto e fertile per la presenza di colture cerealicole, viti, olivi ed alberi da frutto e ricco di pascoli nei quali si allevava una considerevole quantità di bestiame. San Severino ha fatto storicamente parte della Diocesi di Anglona e Tursi. Nella seconda stagione del brigantaggio, quella seguita immediatamente all’Unità d’Italia, il territorio di San Severino, tra il 1860 e il 1870, vide paralizzata la propria vita civile e quasi annullate le attività economiche per l’imperversare delle bande brigantesche.

Tutto, infatti, favoriva i banditi: la vicinanza di impervie montagne, la mancanza di strade, la solidarietà della popolazione, tanto che le operazioni militari di tipo tradizionale risultavano impossibili o del tutto inefficaci. In questa zona, protagonista della repressione fu il Capitano Gennaro Iannarelli che effettuò feroci stragi e spietate esecuzioni anche di civili. Di lui San Severino conserva numerose memorie: la casa che abitò in paese, il molino-gualcheria in cui svolse la sua proficua attività economica. Una leggenda lo vuole rapito da diavoli subito dopo la sua morte. Patrimonio architettonico (religioso, civile e rurale) e artistico.

Il Santuario della Madonna di Pollino sorge dove la tradizione vuole venisse nascosta una statua della Vergine sottratta al furore degli iconoclasti e dove, sempre secondo la tradizione popolare, la Madonna apparve ad un pastorello. Il complesso del Santuario comprende oltre all’edificio della Chiesa e ai suoi annessi, anche le capanne rustiche per l’alloggio dei pellegrini. È sede di festività i primi venerdì, sabato e domenica di luglio con manifestazioni di interesse antropologico e culturale. Chiesa Parrocchiale di S. Maria degli Angeli del XVII sec. Restaurata nel 1965 e nel 1973, la chiesa custodisce un crocifisso ligneo del XVI sec., una scultura in terracotta raffigurante il Cristo deposto, opera di Guido Mazzoni del sec. XVI, arredi marmorei provenienti dal Convento del Sagittario. Chiesa di S. Vincenzo Ferreri del XVIII sec. (1765).

Chiesa della Madonna del Carmine. Chiesa di Maria SS. dell’Abbondanza. Ruderi del mulino Vitale in località Salice. Complesso di molino e casa colonica datato circa 1750 in località Mezzana. Mulino Fasanelli con macine in pietra. È situato alla confluenza del Frido con il Peschiera in località Cropani. Ruderi del mulino Lego in località Torre. Molino Ammirati in località Moscello. Attualmente è abbandonato. Ruderi del complesso del molino Calabrese comprendente un molino, un gualchiera e forse una filanda. Riveste interesse storico in quanto nel secolo scorso fu gestito dal capitano Iannarelli, distintosi nella lotta al brigantaggio. Ruderi della fornace Scoperchia. Vi si producevano mattoni e soprattutto ceramili coppi.

Le risorse naturalistiche Bosco Magnano. Con l’istituzione nel 1981 del Parco Regionale del Pollino l’area è stata gestita come riserva Naturale Orientata. Il bosco, un’associazione mista di Cerri (Quercus cerris) e Faggi (Fagus sylvatica), è caratterizzato, alla confluenza del Peschiera con il Frida, da una vegetazione ripariale con predominanza di Ontano napoletano (Alnus cordata). Le specie animali presenti sono: Salamandrina tergiditata, Tritus italicus, Bombina variegata e Rana italica. Nella primavera del 1994, sono stati avvistati più volte, e addirittura filmati, due cuccioli di lontra (Lutra lutra) nel Torrente Peschiera (A. Rossi).

Monte Pollino. Gole del Frido. Il “Ponte del Brigante” conserva nel toponimo la memoria del brigantaggio che localmente fu particolarmente violento. La vigilia della festa di S. Lucia è ancora viva la tradizione di bollire il grano. Festa di S. Francesco di Paola la prima domenica dopo Pasqua. Festa del Santuario della Madonna del Pollino i primi venerdì, sabato e Domenica di luglio. La tradizionale festa si svolge con larghissima partecipazione popolare, si calcola fino a 10-20.000 persone, in gran parte provenienti dalla Calabria.

Per la durata di tre giorni i pellegrini risiedono nei dintorni del Santuario in capanne di frasche costruite per l’occorrenza. Si crea così un vero e proprio villaggio provvisorio ma autosufficiente, in quanto oltre alle provviste che ogni nucleo familiare reca con sé si macella e si vende carne ovina in appositi spacci provvisti di recinti per animali vivi.

Una serie di manifestazioni animano la festa (danze e canti tradizionali, accensione di petardi, fuoco della Madonna) il cui momento culminante è costituito dalla gara d’incanto per il trasporto della statua e dalla processione nel pianoro. Festa di S. Vincenzo i secondi sabato e domenica di luglio con fiera il giorno precedente. Festa della Madonna del Carmine la terza domenica di luglio. “Estate Sanseverinese” da metà luglio a fine agosto. Il 24 dicembre presepe vivente. Le specialità gastronomiche sono: pasta di casa (raskatieddi, lagane chi fasuli, maccaruni cu firriett, cavuzuni chi vete), salumi, soppressata e formaggio pecorino.

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